[…] Sento il dovere di servire cose buone, nutrienti, sane e saporite.
Sento la responsabilità di cucinare cose belle e colorate; ma so anche che non deve essere tutto sempre bello e colorato, soprattutto se smette di essere buono o salutare o sensato.
Sento la responsabilità di servire molti vegetali interessanti, diversi, sconosciuti o dimenticati. I quali devono seguire il ciclo delle stagioni e crescere nel limite del possibile nella terra, e idealmente non troppo lontano dal posto dove li cucinerò, perché se vengono da molto lontano significa che è stato necessario inquinare per spostarli e refrigerarli.
Sento la responsabilità di cucinare poca carne, e se ne cucino deve essere allevata in condizioni degne, sia per l’animale che per gli esseri umani che ci hanno avuto a che fare e per quelli che la consumeranno.
Sento la responsabilità di lavorare tutto l’animale, perché è il modo migliore di rispettare un essere vivente che è morto per noi. Quindi non solo il filetto e le cosce, ma anche la trippa, il cervello, la lingua e la coda. Sono parti più difficili da lavorare, quindi bisogna saper fare anche quello come si deve. Il pesce e le altre cose che vivono nell’acqua devono essere pescate per davvero, nel mare o nei laghi, e non allevati in gabbie.
Sento la responsabilità di usare meno plastica possibile, di riciclare tutto il possibile. Sento la responsabilità di evitare gli sprechi: recuperare, reinventare, calcolare, bruciare le bucce delle patate per fare un fondo vegetale, grigliare la testa di un tonno per recuperare poi tutti i piccoli pezzi di carne e farne un’insalata, che è un piatto che non può praticamente esistere più di una volta ogni tanto ma resta una delle cose più buone che abbia mai mangiato in tutta la vita […].
[…] Penso invece che ci sia un altro livello di responsabilità nel dar da mangiare agli altri, e sta nel capire che questo mestiere non è soltanto mettere della roba nei piatti. O meglio, si tratta di capire che mettere la roba nei piatti è un modo di pensare, un modo di dire qualcosa, in alcuni casi tante cose. In molti si chiedono se la cucina sia da considerare un’arte: non sono interessato al dibattito, ma sono convinto che, come in tutte le forme d’arte, chi cucina per mestiere sia responsabile non solo delle piccole e grandi implicazioni etiche di ciò che mettiamo nelle nostre dispense, ma forse soprattutto di ciò che raccontiamo con le idee di piatti che scegliamo di scrivere sui nostri menù […]
Tommaso Melilli, cuoco.